Piera Principe nella sua creazione di teatro-danza “Guardami” al teatro Porta Portese di Roma. In scena anche il contrabbassista Michele Anelli
Ai confini del limite
Anche se lo spettacolo non ne parla direttamente, la storia di Piera Principe, danzatrice, è tutta nella sua ultima creazione, Guardami, presentata al teatro Porta Portese di Roma. Nel 1985 Principe fu vittima di uno scontro frontale sulla statale Milano – Cremona. Venti fratture, quattro interventi alle gambe e a un braccio, anni di riabilitazione, carriera spezzata come le sue ossa. Quale dramma può essere peggiore per una danzatrice oltre a ritrovarsi anima d’artista prigioniera di un corpo così gravemente vulnerato? Eppure l’arte continua, ad alto livello, e Principe nel 1999 entra nella formazione dei Sosta Palmizi. Mai mollare, mai, ed invece eleganza sotto il fuoco nemico, alzati e danza perché questo è il tuo compito nella vita.
Guardami, spettacolo di teatro – danza basato sull’improvvisazione, è costituito da una serie di quadri che Principe esegue sulle musiche – anche qui ricerca e improvvisazione – del contrabbassista Michele Anelli. Il primo quadro per esempio si svolge nello spazio strettissimo determinato dalla posizione di tre sedie vicinissime fra loro. L’artista sta parlando di un limite e non di un’abilità volta all’esasperazione della fisicità. La sua danza al limite delle possibilità spaziali è metafora del limite delle possibilità fisiche e lavora sull’infinitesimale, quasi sull’invisibile. Il suo è un movimento di confine, di frontiera fra abilità e disabilità. Non a caso Principe conduce da anni dei laboratori con i disabili. Per lo spettatore che di queste cose artistico-terapeutiche sa poco e niente, la domanda è: la patologia fa premio sull’estetica, la terapia sull’arte, la frattura interiore sulla compiutezza dell’opera? Altrimenti detto, è possibile esprimersi con un sì al limite del no (no, non lo puoi fare)? Tutto lo spettacolo è una risposta a queste domande. Una volta che s’è stabilita la qualità intrinsecamente artistica del lavoro, per sciogliere l’interrogativo gli strumenti necessari sono volontà, coraggio, abnegazione. E l’esperienza, la quale permette una specie di lucentezza del movimento, una precisione nel fare quel che è dato compiere, quella sensazione di facilità che l’artista deve sempre generare per nascondere lo sforzo e la conseguente caduta della prova. È l’eleganza appunto, l’eleganza sotto il fuoco della vita e della scena, che caratterizza la prova della Principe e del suo corpo riemerso con la propria poesia intatta dal fango della disgrazia come da un lago terso.