“Aspettando Godot” di Samuel Beckett, regia di Alessandro Averone. Con Marco Quaglia, Mauro Santopietro, Antonio Tintis, Gabriele Sabatini. Al teatro dei Conciatori di Roma.

Aspettando Godot

Diamoci almeno l’impressione di esistere

Ecco un’ottima rappresentazione al teatro dei Conciatori di Aspettando Godot che meriterebbe un resoconto all’altezza di Samuel Beckett in cui non si dice niente, non lo si dice a nessuno e nessuno lo dice. La regia è di Alessandro Averone che col dramma fa una cosa semplice: fa finta di  non toccarlo, non dirigerlo, non lasciarlo interpretare. Allora cosa succede? Nulla appunto: “Non succede niente, non viene nessuno, nessuno se ne va, è terribile”, dice Estragone.
Averone sa che nel testo di Beckett non c’è niente, quindi è tutto. Chi è Godot? “Se avessi saputo chi è Godot, l’avrei scritto nel copione”, spiegò laconico l’autore. I personaggi di Vladimiro ed Estragone non sono personaggi, forse sono due barboni, forse sono due clown. Forse. Pozzo trascina con una corda Lucky, però, chissà, magari è Lucky che tiene attaccato Pozzo. Pozzo nel primo atto ci vede, nel secondo è cieco; Lucky nel primo atto parla, nel secondo è muto. Ci sono domande? Di sicuro non c’è nessuna risposta. I due attori che fanno Vladimiro ed Estragone, Marco Quaglia e Mauro Santopietro, sono bravi? Molto bravi ma non per questo Godot verrà. Estragone ha una splendida barba rossiccia, da irlandese, potrebbe fare benissimo il ruolo di Estragone, non perché Estragone sia irlandese, Beckett era irlandese, ma perché non si sa chi è, da dove viene e dove va, non resta che aggrapparsi con forza al vuoto. Si toglie le sue grosse scarpe al primo atto ma al secondo non le riconosce come sue. Forse è un uomo senza scarpe, forse è senza testa. Allora non è vero che “scarpe grosse, cervello fino”, questa è la sola certezza. Vladimiro è l’unico che risponde alla domanda. Quando il suo amico gli chiede: “Che facciamo adesso?”, lui replica: “Aspettiamo Godot”. Ovvio. Di tutti Vladimiro è quello che ragiona in modo logico. È una sicurezza, un punto fermo, di lui ci si può fidare. Tanto è vero che Quaglia entra nel profondo di Vladimiro, fa una cosa difficilissima, entra nel profondo del nulla. E cosa trova? Beh, queste sono domande da non farsi. Forse trova Beckett. Glielo deve avere detto Averone, guarda che dentro Vladimiro forse trovi Samuel, e Quaglia è andato dentro. Addirittura è scomparso in Vladimiro e non si sapeva più chi era chi. Non importa, tanto nessuno è qualcuno. Estragone invece, probabile che fosse Santopietro, non è andato dentro Estragone, è entrato ma non è andato. Chissà, magari non aveva voglia. È rimasto lì, ben disteso su Estragone. Lui non è verticale come il compagno, è orizzontale. Cosa vuol dire? Boh, non si sa. Però cerca sempre di sdraiarsi e farsi una dormita mentre Vladimiro è un tipo che sta in piedi. Anche qui, forse è stato Averone, guarda che se dormi può succedere che sogni Samuel, ed Estragone cercava di appisolarsi ma sognava Averone che sognava Beckett e costringeva Vladimiro a scuoterlo. “Troviamo sempre qualcosa, eh, Didi, per darci l’impressione di esistere?”, osserva Estragone. Estragone sogna, Vladimiro pensa. Pensare è verticalità, sognare orizzontalità. Certo, tutto questo fa ridere, difatti Beckett voleva che si ridesse e Averone ubbidisce. Si ride. Di cosa? Ah, saperlo. Perché Pozzo non è pazzo e Lucky non è fortunato. Ma chi sono questi due? Si può rispondere l’unica cosa che si sa: qui e ora Pozzo è Antonio Tintis, Lucky Gabriele Sabatini. Domani no. L’albero oggi è rinsecchito, domani ha le foglie. Anche loro sono bravi? Certamente, Averone glielo ha chiesto, mi raccomando siate bravi, e loro ottemperano anche se lo sanno che non è facile fare due personaggi che non esistono. Si rischia di trasformare in personaggi se stessi ma i due evitano perché, chiaramente, sono diagonali. Non hanno nessuna ragione di stare nella commedia, non aspettano Godot, ma ci entrano di lato, come dire, clandestinamente, di traverso. Diagonale in greco è composto da due parole, “attraverso” e “angolo”. Loro sono un angolo che attraversa tutto lo spazio e poi scompare. E offrono un grande servizio a Vladimiro ed Estragone perché quando si aspetta Godot, bisogna pur passare il tempo in qualche modo.
Da vedere.

Marcantonio Lucidi,
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