“Tavola tavola, chiodo chiodo” scritto e interpretato da Lino Musella. Al Vascello di Roma

Tavola tavola, chiodo chiodo...

La solitudine del capocomico

Tavola tavola, chiodo chiodo è il titolo del monologo scritto e interpretato da Lino Musella al Vascello di Roma e sono le parole che Eduardo De Filippo fece incidere su una lapide del teatro San Ferdinando di Napoli in onore del suo macchinista Peppino Mercurio. Quel palcoscenico, distrutto dai bombardamenti del ’43, lo ricostruirono insieme, tavola tavola, chiodo chiodo.
Il Vascello è un teatro che non si può sottovalutare se si vuole essere al corrente di quanto succede sulle scene. Soprattutto di questi tempi in cui l’insopportabile classe politica capitolina e nazionale – ceto analfabeta e menefreghista che neanche si presenta alla camera ardente allestita all’Argentina per un regista del calibro di Maurizio Scaparro – nulla ha fatto per impedire la chiusura di molti palcoscenici romani. Lino Musella a un certo momento del suo spettacolo legge la famosa lettera di Eduardo all’allora ministro del Turismo e dello Spettacolo, il democristiano Umberto Tupini, pubblicata da “Paese sera” il 4 ottobre 1959. Al secondo capoverso Eduardo scrive: “Ma cercherò di accennare subito alle questioni di fondo: prima fra tutte la posizione dello Stato nei confronti del teatro. Posizione, Onorevole, fra le più ambigue, non solo assai somigliante alla posizione del defunto stato fascista, ma anche assai peggiore. Questo Stato, rispetto al teatro, vorrebbe essere nel medesimo tempo uno Stato mecenate e uno Stato liberale. In realtà è soltanto uno Stato tirannico, che per sembrare mecenatesco e liberale non esita a fare il più largo uso dell’ipocrisia e della corruzione”. Sembra incredibile ma le cose sono molto peggiorate e non ci si dovrà stupire se uno di questi giorni qualcuno esporrà alla porta di un teatro un cartello con la scritta: “Vietato ai cani e ai politici”.
Tavola tavola chiodo chiodo è uno spettacolo politico costruito su un pensiero poetico che ripercorre l’estrema solitudine di un gigante della scena. Da un’intervista di Eduardo pubblicata da Epoca nel 1962: “Io ho dovuto pagare un prezzo molto alto durante la mia vita, ho dovuto pagare sempre, sempre. E a furia di pagare, certe cose, oggi, non mi riescono più. Per esempio non mi riesce più di avere molta fiducia nella gente, non mi riesce di farmi degli amici veri, talvolta non mi riesce neppure di credere negli affetti. Non sono una vittima, beninteso: mi sono sempre difeso bene”. Si è sempre difeso anche quando si impegnò assieme a Peppino Mercurio a rimettere in piedi il San Ferdinando e fu lasciato solo dallo Stato, dalle istituzioni, dai piccoli ignobili potentati democristiani e comunisti dell’epoca che ritenevano Eduardo o un teatrante dialettale o un autore piccolo-borghese.
Lo spettacolo assembla articoli del grande capocomico, come il pezzo su “Il Risorgimento” scritto in occasione della morte di Raffaele Viviani il 22 marzo 1950, e interviste, appunti, carteggi, i discorsi da senatore a vita e corrispondenze con Peppino, Titina, con i ragazzi del carcere minorile Filangieri di Napoli.
Musella non dipana una biografia, il suo è uno stare con Eduardo davanti alla maquette di un teatro che l’attore attacca a pezzo a pezzo con la colla. Si capisce che c’è voluto tanto studio, tanto lavoro per questa prova solista e tutt’un affondare nelle carte eduardiane. Però tutta questa fatica e dedizione e mesi per arrivare dove sta ora Musella con Eduardo non si sente. Il monologo scorre come se fosse detto mó, qua, lì per lì, ed è un raccontare intenso al punto che Musella non è proprio l’attore Musella e non è nemmeno il personaggio Eduardo, non lo impersona, non lo interpreta ma si fa coscienza teatrale. È il teatro che sta parlando alla città e le dice: ma ti rendi conto che a farmi soffrire come mi fai soffrire oggi, io muoio ma muori pure tu?; guarda Eduardo quanto è disperato, non per se stesso, lui è diventato uno dei più grandi, siede accanto a Molière, a Goldoni, ma è disperato per la città degli uomini, per la loro città che ormai è illuminata da luci più fioche dei lumini che stanno attorno al presepe di Luca Cupiello.
Applausi fortissimi per Lino Musella, in particolare dal numeroso pubblico di giovane età che non dimenticherà Tavola tavola, chiodo chiodo.

Marcantonio Lucidi,
Stampa Stampa

I commenti sono chiusi.