“Più vera del vero” di Martial Courcier, regia di Felice Della Corte anche interprete assieme a Valentina Corti e Riccardo Graziosi. Al teatro Marconi di Roma
Bella con anima
Non tutto quello che viene dalla Francia è rimarchevole, succede anche da quelle parti che il camembert arrivi guasto. Più vera del vero (Plus vraie que nature) è una commedia romantica con finale amaro in scena al teatro Marconi di Roma.
Scritta da Martial Courcier nel 2001 (lo stesso anno d’uscita del film di Steven Spielberg A.I. – Intelligenza artificiale), racconta di un androide con sembianze di bella donna elegante e con un’anima, o meglio un programma nel cervello elettronico, che le permette di riprodurre le passioni, i sentimenti, i ragionamenti umani. Si chiama Chloé, può anche fare l’amore come e meglio di un’amante naturale. È la donna perfetta, servizievole, devota, santa, puttana e cameriera: il sogno di ogni maschio non particolarmente provvisto di una I.B., Intelligenza Biologica che gli permetta di sostenere le affascinanti complessità umane del misterioso eterno femminino.
La commedia però non va in questo senso e tutta la prima parte si limita al racconto di Francesco che regala al suo amico Giulio – scapolo donnaiolo in cerca d’un grande amore – il robot muliebre. Il dialogo si infila in una polemicuccia fra uno scettico della tecnologia e un fanatico del progresso, indi arriva Chloé impacchettata in uno scatolone, pronta all’uso, e si va avanti con qualche scenetta, praticamente delle gag, sulla robottina che dice e fa cose automatiche da robottina e sui due umani che le girano intorno e si comportano come bambini di fronte a un orsacchiotto meccanico. Tutto molto prevedibile, molto telefonato.
Tuttavia nella seconda parte dello spettacolo la drammaturgia migliora. Francesco si innamora perdutamente della donna ideale, ricambiato ovviamente visto che nel programma di Chloé è scritto il suo intenso amore per il proprietario. Il fatto che lei non sappia di essere un androide e si creda umana permette al testo di funzionare mediante alcuni trucchi tipici della commedia classica francese – equivoci, malintesi, quiproquò – con la differenza che stavolta l’agnizione conduce a un finale malinconico in cui la lacrima sgorga dritta dalla retorica sull’amore impossibile. Ma la retorica a teatro è ammessa, soprattutto quando è arrivato il momento di chiudere con una soluzione che non lasci l’amaro in bocca ma nel cuore.
Felice Della Corte è il regista e l’interprete nella parte di Giulio mentre Riccardo Graziosi fa Francesco. Valentina Corti nel ruolo dell’androide mostra molta grazia nel modo di muoversi e di stare in scena, tiene bene il personaggio e non esagera, non ammicca, non volgarizza, ma sta sempre fuori dalla farsa e dentro la commedia.