Una riscrittura della “Bisbetica domata” diretta da Cristina Pezzoli, protagonisti Nancy Brilli e Matteo Cremon
Shakespeare se ne è andato all’osteria
Il problema di questa versione rimaneggiata della Bisbetica domata di William Shakespeare, in scena al Quirino, non è l’interpretazione di Nancy Brilli nel ruolo di Caterina, né quella di Matteo Cremon che fa Petruccio, e anche gli altri attori sono tutti incolpevoli. Il guaio sta nel fatto che non si ride. Eppure il testo di Shakespeare è uno dei più divertenti di tutta la sua produzione.
Non si ride perché l’operazione di teatro nel teatro organizzata da Stefania Bertola autrice e da Cristina Pezzoli regista non funziona. Lo spettacolo, intitolato Bisbetica, ha un sottotitolo ambiguo: La bisbetica domata di William Shakespeare messa alla prova. Ambiguo perché è difficile che qualcuno abbia la statura per permettersi di mettere “alla prova” un testo del genio di Stratford-upon-Avon. Luca Ronconi cinque anni fa mise in scena Casa di bambola di Ibsen con il titolo Nora alla prova, interprete Mariangela Melato. Ma sia scomunicato chi pensa che qualcuno in questa Bisbetica si creda Ronconi. Lo spettacolo racconta di una compagnia che mette il testo di Shakespeare “in prova”. Si sta a pochi giorni dalla “prima”, il metteur en scène se n’è andato per dissidi con la prim’attrice, la quale decide di sostituirlo personalmente.
Ovviamente (è tutto molto ovvio da queste parti) la regista è burbera e autoritaria come il personaggio di Caterina che essa stessa deve interpretare, parallelismo di un’originalità pari alla lampadina accesa nella nuvola del fumetto quando a Paperino viene un’idea; naturalmente la compagnia è piuttosto scalcagnata, altra trovata inedita come la bolletta del gas; inevitabilmente il produttore è nervoso e preoccupato perché è invece noto che chi mette i soldi adora perderli.
Certamente tutta questa macchinosa maniera di fare una Bisbetica nasce dalla domanda sulla contemporaneità di un grande classico. Quesito tautologico, come chiedersi se Amleto ha dei dubbi, in quanto un classico è tale perché è sempre contemporaneo e quando non lo fosse più, finirebbe nel dimenticatoio delle commedie da ritirare fuori se per caso vien l’uzzo d’offrire testimonianza di un’epoca. A spremersi le meningi sull’attualità di Amleto son venuti fuori allestimenti in cui il povero principe di Danimarca si faceva una siringhetta di eroina in scena.
Oltre a Shakespeare, ch’era un esperto di teatro nel teatro, sovviene di questo genere, il cui rischio è di far precipitare un allestimento nella piagnucolosa retorica dei poveri sgangherati teatranti sempre in disgrazia, un magnifico testo di Michael Frayn, Noises off (Rumori fuori scena), che ha avuto successo ultratrentennale in Italia e all’estero. Lì il meccanismo del teatro nel teatro è perfettamente costruito, anzi si tratta di una vera e propria lezione sul funzionamento di una compagnia, la quale si degrada a tal punto che lo spettacolo finisce nel nonsense.
Tuttavia l’allestimento della Pezzoli ha un paio di pregi: il primo è che mette voglia di vedere una Bisbetica vera, senza manipolazioni, per divertirsi un po’; il secondo è di essere allestito “comme il faut”, con le luci giuste, i costumi adeguati ai personaggi, una scenografia funzionale, è tutto corretto. E intanto Shakespeare se ne è andato all’osteria. La Brilli riesce comunque a caratterizzare il suo personaggio, Cremon fa un Petruccio vigoroso e malandrino, e anzi, insieme agli altri interpreti, sono loro che impediscono allo spettacolo di sprofondare. Questo teatro dalla regia diligente, precisina, che accuratamente sostituisce il contenuto con la confezione di modo che il pubblico esca dalla sala insoddisfatto ma senza sapere perché non si è divertito, somiglia a certe pasticcerie specializzate più in scatole di cartone che in torte.