“Il mondo di Blas – storie di ordinaria magia” di e con Blas Roca Rey. Al pianoforte Rocco Roca Rey. Alle Stanze segrete di Roma
Al Mocambo delle nostre vite
Ci sono certi spettacoli confidenziali, semplici, notturni che rappresentano delle ottime occasioni per osservare un attore come Blas Roca Rey fuori dalla struttura impegnativa della messa in scena. La voce, il movimento, il modo di corteggiare il pubblico. La sua stoffa insomma. Al teatro Stanze Segrete di Roma la situazione dal punto di vista dell’intimità è perfetta: una stanza per una ventina di persone a piano terra d’una via di Trastevere dove si recita a un palmo dal pubblico e lo spettatore, se è persona gentile, evita di accavallare le gambe per non sottrarre spazio all’artista.
Il mondo di Blas – storie di ordinaria magia è un monologo con accompagnamento al pianoforte del figlio Rocco Roca Rey costruito con delle storie vere che l’autore e interprete ha preso nello spazio, nell’aria del tempo, nei suoi peregrinaggi, sulle infinite strade della curiosità. Curiosità per questi personaggi bizzarri che sono gli esseri umani, dai quali non ci si deve aspettare nulla, anzi di tutto. Si incomincia con Monica Graziana Contrafatto, il soldato Monica, ferita in Afghanistan durante un attacco talebano, mutilata d’una gamba, prima donna decorata con una medaglia d’oro al valore dell’Esercito, due medaglie di bronzo paralimpiche nei 100 metri piani a Rio de Janeiro 2016 e a Tokio 2020. Quindi Roca Rey racconta storie eroiche, di riscatto anche, ma non obbligatoriamente, non è legato a questo tipo di retorica. Si capisce subito con Amadeo Peter Giannini (1870 – 1949), il famoso banchiere statunitense di origine italiana che fondò la Bank of America e prestava ai poveri. Un personaggio di levatura altissima che nel 1906 piazzò un banchetto in mezzo alle macerie di San Francisco distrutta dal terremoto e si mise a prestare soldi ai sopravvissuti per la ricostruzione. Questa è una storia eroica di fratellanza e umanità, eversiva quasi. Mentre il racconto della nazionale di calcio di San Marino, attualmente al 211° posto, l’ultimo della classifica mondiale della Fifa, parla di giocatori dilettanti sempiternamente perdenti, salvo una vittoria in amichevole contro il Liechtenstein nel 2004, eppure sempre disposti a scendere in campo. Questo è l’eroismo della sconfitta. Keith Jarrett, persona di carattere non facile, si presenta al teatro dell’Opera di Colonia il pomeriggio del 24 gennaio 1975 per un sopralluogo qualche ora prima di quello che diventerà noto come il Köln Concert. Trova un pianoforte diverso da quello che aveva chiesto, pure scordato e con un pedale rotto. Quindi annuncia che quella sera non avrebbe suonato e se ne va. L’organizzatrice – una ragazza giovanissima ricorda Roca Rey – lo supplica, promette di risolvere il problema del pianoforte e riesce a convincerlo. La registrazione del concerto è diventata l’album di jazz solo più venduto con tre milioni e mezzo di copie. Questo è l’eroismo dell’istinto e dell’irragionevolezza. Poi arriva la storia bellissima di Dorando Pietri che giunse primo al traguardo della maratona delle Olimpiadi di Londra (1908), ma venne squalificato perché, stremato, era stato aiutato da alcuni spettatori a pochi metri dall’arrivo. In mezzo a queste vicende più o meno conosciute e pubbliche, Roca Rey infila considerazioni umoristiche sulla vecchiaia e i figli, poi ricorda un suo incontro con una signora anziana, sugli ottant’anni, che vive una storia d’amore con un signore di settanta o giù di lì, e si duole e si preoccupa della differenza di età.
Lo spettacolo sta in un filone letterario piuttosto antico e godibilissimo, le biografie degli uomini illustri (e degli illustri sconosciuti), frequentato spesso da grandi penne: dalle magnifiche Vite parallele di Plutarco alle più modeste compilazioni di Cornelio Nepote nel De viris illustribus, dalle deliziose Vite brevi di uomini eminenti del seicentesco John Aubrey alle ironiche Vite di uomini illustri del novecentesco Achille Campanile, ce ne sono in quantità, di ogni genere in tutti i secoli. E anche il recente Libro di furti – 301 vite rubate alla mia del raffinato Eugenio Baroncelli. Il loro fascino è evidente e sta nel fatto che parlano del soggetto principale di cui gli esseri umani parlano, cioè di loro stessi, ma a differenza del romanzo o del saggio, lo fanno senza mediazione, scrivendo sulla pelle della vita. Giustamente, l’attore oltre a portare in scena alcuni fatti d’uomini, li racconta settimanalmente in radio e li ha raccolti in un libro dallo stesso titolo dello spettacolo con quel sottotitolo Storie di ordinaria magia, che si riferisce ovviamente alla magia di vivere.
Alla fin fine lo spettacolo narra l’avventura del coraggio. Vivere con coraggio, vivere con il cuore. La più coraggiosa però, la più rivoluzionaria, è una donna che ha rappresentato l’emblema dell’oca giuliva, della bionda senza cervello, Marilyn Monroe, l’incarnazione in forma di pin-up dello stolido sogno americano. Se le oche fossero così intelligenti, così anticonformiste, il mondo avrebbe le ali. È il 1955, il famoso nightclub di Hollywood al numero 8588 di Sunset Boulevard, il Mocambo, è interdetto ai neri che non vi possono suonare. Anche a Ella Fitgerald è stato negato il palco. La Monroe chiama il gestore del posto e gli promette che se fa cantare Ella, lei, Marilyn, si siederà tutte le sere per una settimana in prima fila. Così le due grandi donne aprirono agli artisti di colore le porte dei locali per soli bianchi. Altre versioni dell’aneddoto dicono che le cose non andarono proprio così perché al night di Sunset Boulevard si erano già esibite un paio di anni prima le afroamericane Eartha Kitt e Joyce Bryant. Ma non ha grande importanza: la nera e la bianca ora che non ci sono più sorridono l’una all’altra in una bellissima foto in bianco e nero sedute vicine vicine al Mocambo.