“Penis project per umani migliori”, scritto e diretto da Patrizia Schiavo anche interprete assieme ad altri. All’Off Off di Roma

Penis project per umani migliori

Fallo in scena

Meno teatrale del teatro educativo è solo il teatro pedagogico. Eppure il tema è all’ordine del giorno e proprio mentre andava in scena la “prima” di Penis project per umani migliori, questo il titolo dello spettacolo scritto e diretto da Patrizia Schiavo anche interprete all’Off Off di Roma assieme ad altri cinque attori, proprio in quelle stesse ore, al raduno degli alpini di Rimini un po’ di gentaglia praticava allegramente l’attività di molestie sessuali alle donne. Ora, una cosa sono gli lgbt, altra questi falsi macho che fra nonnismo e maialate di gruppo – chi ha contezza di palestre, caserme e spogliatoi sa l’aria che tira a volte in questi branchi – celano un’omosessualità inconfessabile da frocetti per cesso di camerata fatta passare per virilità etero.
Come indica il titolo, per l’autrice il centro del problema è il pene e noi moderni sostanzialmente viviamo in una società patologicamente fallocentrica. Scampolo di fine stagione, lo spettacolo imita un programma televisivo, una specie di reality show con finalità sociali condotta dalla presentatrice (la stessa Schiavo), in cui quattro maschi, a volte vestiti, a volte seminudi, devono essere educati alla decentralizzazione del pene e al rispetto della donna. Quanti sinonimi ci sono per il membro? Se ne citeranno una quantità all’inizio della serata, ma non è una trovata nuova: Giuseppe Gioacchino Belli ne enumera cinquantatré nel suo famoso sonetto Er padre de li santi. Si fa una sorta di processo al fallo simbolo di maschilismo e patriarcato, si parla di violenza, ansia da prestazione, misure dell’organo, prime esperienze sessuali, si enumerano le difficoltà dei quattro personaggi maschili, i quali raccontano vicende intime. Uno aveva un padre violento, un altro fu vittima di pedofilia, un terzo timidissimo è stato da adolescente scaraventato nelle braccia di una prostituta. La tesi è nuovissima, degna dei più avanzati e raffinati progressi nella scienza psicologica del terzo e forse del quarto millennio: la violenza genera violenza.
I processi al fallo si fanno da moltissimi anni, nel decennio Settanta poi furono sommari, quindi probabilmente non funzionano se anche in un contesto molto giovanile come l’Eurovision di Torino si continua a insultare, aggredire e palpeggiare le ragazze. In tanta pedagogica solerzia, in questa irrefrenabile e comprensibile pulsione cattedratica, la Schiavo fa figura di maestrina, anche un po’ dark. La lezione è ossessivamente improntata sui maschi, figli e padri. Non si parla dell’altra protagonista di tutta la faccenda, la donna, o meglio la madre. Perché se quattro fallofori che credono di rappresentare il primato maschile fanno figura di primati maschi, è anche responsabilità delle genitrici. Però in questa lezione di buona educazione sessuale le madri non vengono prese in considerazione. E se non contano le madri, è difficile che contino le donne. In scena con la Schiavo Antonio De Stefano, Emanuele Durante, Roberto Fazioli, Dario Guidi, Eugenio Marinelli.

Marcantonio Lucidi,
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