“Opera pia” di Gianfranco Vergoni, regia di Nicola Pistoia, con Loredana Piedimonte. Al Seminteatro Barnum di Roma

Opera pia

Friggere il pesce con l’acqua

Un monologo in napoletano: Opera pia di Gianfranco Vergoni con Loredana Piedimonte diretta da Nicola Pistoia al Seminteatro Barnum non si presenta sotto i migliori auspici. Perché di monologhi ultimamente si abusa e perché a volte si esagera anche con il pittoresco partenopeo. A cagione del primo fatto, il soliloquio, lo straparlo solitario, s’adduce che il becco del quattrino non bagna il teatro, l’acqua è poca e la papera non galleggia. A spiegazione del secondo, s’avanza sempre il solito motivo e cioè che lingua più teatrale del napoletano non ve n’è, nemmanco l’inglese, sta bene assai alla recitazione, si rivela perfino una necessità a volte. Come affermare sottacendo che l’artista in scena abbisogna di un aiuto linguistico, insomma il dialetto protesi per l’interpretazione. Ma a Loredana Piedimonte non occorrerebbe.
L’attrice racconta la storia di una nativa di piazza Dante, in centro. La signora tiene o filo sott’a lengua, lo scilinguagnolo, però non scende più per Toledo perché vive a Mantova – ch’è una disgrazia, diciamocelo, per una femmena del Golfo – dove fa la maestra di musica in una scuola di ciucci, somari, settentrionali. Com’è come non è, con il continuo vai e torna al supermercato del luogo, la donna s’innamora dell’africano che tira a campare davanti allo spaccio questuando sulla banchina (questa è parola di lingua siciliana, vuol dire marciapiede). Mo’ la signora passa un guaio. L’immigrato clandestino arrivato su un barcone, quasi affogato e per fortuna salvato, dorme in macchina ma lei lo alberga, lo rifocilla, finché perde capa, travagl’e renari e si mette a fare vita randagia appresso a lui. Poi scopre che il ragazzo ha una moglie in Africa e che spera di farla venire in Italia. L’incanto si rompe, lei lo lascia, si dispera, torna dalla mamma a cercarse li pullece, a spulciarsi, e a questo punto vien voglia di darle il consiglio di recarsi al banco lotto a giocarsi il 4 o’ puorco, il 17 ‘a disgrazzia , il 77 ‘e riavulille (i diavoli) oppure le gambe delle donne, l’87 ‘e perrucchie (i pidocchi).
Non si capisce bene qual è l’intento del testo: portare all’attenzione del gentile pubblico il dramma dell’immigrazione o invece avvertire la donna italiana di non fidarsi dell’uomo nero? Con in mano due borse della spesa che le pencolano da una parte e dall’altra, Loredana Piedimonte  recita per un’oretta in bilico su uno sgabello. Ogni tanto scende, ogni tanto sale. È una scelta registica, magari indica la precarietà della vita. Chi si salva è l’attrice che il mestier suo lo sa fare molto bene e riesce a friere o pesce cu l’acqua, a friggere il pesce con l’acqua. Perché fare ridere con questo testo non è facile.

Marcantonio Lucidi,
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