“Mura”, ideazione, regia ed esecuzione di Riccardo Caporossi. In scena anche Vincenzo Preziosa. Al teatro Basilica di Roma
Nelle mani della civiltà
Per il trentennale della caduta del muro di Berlino, per l’anniversario in un remoto futuro della demolizione di tutti i muri, per la liberazione d’ogni uomo dalle mura degli uomini, Riccardo Caporossi ha ideato e messo in scena al nuovo teatro Basilica di Roma uno spettacolo intitolato semplicemente Mura.
Due uomini, anzi due esseri umani, lo stesso Caporossi e Vincenzo Preziosa, stanno dietro un muro. Si vedono solo le loro mani sopra l’ultima fila di mattoni. Come quelle dei burattinai sopra il castelletto, salvo che queste sono nude. Sono mani di teatro. Fanno le stesse cose di un personaggio, ridono, si emozionano, lavorano, si divertono, piangono anche. Smontano il muro piano piano, mattone dopo mattone. Senza le mani, che distinguono i primati dagli altri animali, non può esserci evoluzione verso la civiltà. Le mani possiedono il potere supremo del tatto e stringono la divina creatività dell’uomo. Il grande mimo francese Jean-Louis Barrault scriveva: “… c’è un senso “principe”, “stregonesco”, “magico”, un senso misconosciuto che ingloba forse tutti gli altri: il senso del tatto. È il senso che ci oltrepassa. Intendo che ci oltrepassa fisicamente. Nello stesso modo in cui la terra è avvolta dagli strati dell’atmosfera, l’uomo, grazie alla sua irradiazione vivente, è avvolto in un alone magnetico. Questo alone magnetico, che è proprio di tutti, tocca gli oggetti esterni prima ancora che la pelle entri in contatto con essi. A seconda della vitalità o dell’educazione dell’uomo, questo alone magnetico varia di profondità. Può arrivare a chilometri e chilometri di distanza. Ecco perché certi stregoni vi vengono incontro anche quando non sono stati avvertiti del vostro arrivo. Il loro alone magnetico è stato toccato a chilometri di distanza. Si dice: «vi hanno visto». In realtà sono stati toccati. Il senso del tatto è il senso divino. Essere toccati non è un’espressione figurata. Si dice «il dito di Dio». Il dito è l’organo rappresentativo del tatto”.
Le dita delle mani di Caporossi e Preziosa salgono e scendono minuscole scale da giochi di costruzione per bambini posate sul muro, scuotono dei campanellini, manovrano piccoli secchi, manici di bastoni da passeggio, tubi idraulici. E “toccano” gli spettatori. Mentre demoliscono pezzo dopo pezzo il muro, con quegli stressi mattoni costruiscono edifici, casette, tempietti. Smontare il muro significa montare una città, una civiltà. Mani abili d’uomini che costruiscono civiltà. Mani immerse in un alone magnetico. Mani magiche, da stregoni guaritori che vengono incontro. Hanno una cosa da dire. Mani che parlano. Abbattono muri e sollevano il velo dello spirito. Nulla è metaforico in questo spettacolo. Tutto è vero. Si dice “mani d’artista”. L’artista è l’organo rappresentativo della civiltà. Luci perfette di Nuccio Marino.