“November” di David Mamet con Luca Barbareschi, Simone Colombari e Chiara Noschese anche regista. All’Argentina di Roma
Il potere ricatta anche chi ce l’ha
November di David Mamet è un testo pieno di parolacce ma siccome si svolge nel famoso Studio Ovale della Casa Bianca, chiunque abbia avuto in qualche modo da fare con i politici sa che presso questa razza di gente il turpiloquio è abitudine. D’altronde, seppur datata del 2007, la commedia, a momenti quasi una farsa, funziona anche ai giorni nostri perché il personaggio di Charles Smith presidente degli Stati Uniti d’America è un’anticipazione del pregiudicato che nella realtà è l’attuale commander in chief, come dicono pomposamente gli americani, mister Scoreggia perché questo significa trump nel gergo britannico.
Ciò che indirettamente stupisce osservando l’azione drammatica, diretta al teatro Argentina da Chiara Noschese anche interprete assieme a Luca Barbareschi nel ruolo del presidente, è il fatto che la democrazia è in grado di resistere alle più orrende canaglie. Se è vero che “la democrazia è la peggior forma di governo – come diceva Winston Churchill – eccezion fatta per tutte le altre forme sperimentate finora”, si può sostenere anche che la sua resistenza è pari a quella della carta di giornale che, se strettamente arrotolata, può diventare un bastone in grado di abbattere un maiale.
Nulla di nuovo nella commedia dell’autore americano, Barbareschi lo dovrebbe sapere in virtù dei suoi trascorsi da parlamentare. Per azzeccare le previsioni politiche, uno dei metodi migliori è di immaginare quale possa essere la decisione che i politici prenderanno più favorevole al loro tornaconto e alla loro sopravvivenza. Se non si azzecca il pronostico è per difetto di informazioni o di senso del grottesco. Grottesca infatti è la situazione che Mamet mette in scena. Il presidente vuole essere rieletto per un secondo mandato ma la sua vittoria è in dubbio e i soldi mancano. Allora sfrutta a fini elettorali il vicino Thanksgiving Day, Giorno del Ringraziamento. in cui gli americani mangiano milioni di tacchini. Una tradizione (inaugurata nel 1963 da John Fitzgerald Kennedy) vuole che il presidente conceda la grazia a due di queste vittime sacrificali. L’aspetto farsesco sta nel fatto che Smith approfitta della situazione per estorcere al rappresentante degli allevatori di tacchini i milioni necessari alla campagna elettorale.
Il dialogo è riempito di un cinismo portato a livelli tali da diventare comico e Luca Barbareschi non si risparmia nel dare al presidente un carattere nevrotico, feroce e al contempo blasé, come se l’esercizio del potere fosse una forma di divoramento naturale degli uomini. Mamet mostra e non dimostra, il suo giudizio è implicito nella realtà delle cose, la disumanità non coincide precisamente con il potere altrimenti il secondo ruolo maschile, il consigliere Archer Brown interpretato da Simone Colombari, non avrebbe ragione di essere. Brown è il protettore del presidente. Con la sua saggezza e la sua pacatezza, modera gli eccessi contro il quale ogni potere rischia sempre di andare a sbattere disintegrandosi. Non è un uomo del bene che affianca il male, è un uomo che preserva il male da se stesso e ne assicura la conservazione e la continuità.
Anche il signore più potente del mondo è però ricattabile e in questo Mamet palesa di avere ben chiara la questione. Il potere è un sistema di ricatti compiuti o subiti, di minacce, ritorsioni, vendette che colpiscono il potente e il sottoposto. La segretaria lesbica del presidente, Clarice Bernstein interpretata da Chiara Noschese, pretende che a officiare il matrimonio con la sua compagna sia Smith in persona. Il martello diventa incudine. Nessuno si salva, tutte carogne i frequentatori dello Studio Ovale oppure vigliacchi come il rappresentante degli allevatori di tacchini. Il sospetto è solo uno: che rispetto a quello che succede di questi tempi alla Casa Bianca, e in centri di potere di basso rango come Palazzo Chigi, Mamet sia un ottimista. Comunque a fine spettacolo si esce dal teatro divertiti e vieppiù schifati dalla razza dei politici.
Bel gruppo di interpeti: Barbareschi, al quale i personaggi di Mamet si addicono, è tutto energia, movimento, passione per il proprio mestiere; Simone Colombari è un attore molto solido e affidabile, una garanzia come un’assicurazione dei Lloyd’s; Chiara Noschese è un talento naturale della recitazione, qualsiasi cosa faccia va sempre bene, e da regista dirige con nitore e semplicità, senza stranezze o invenzioni narcisistiche; Nico De Crescenzo esprime una mestizia disperata e un’afflizione impotente adatti al personaggio; in scena anche Brian Boccuni nel ruolo di un indiano.
In locandina, il titolo è quello originale, November, ma siccome l’equivalente nel nostro idioma è molto, molto simile, mantenere l’inglese ricorda una vecchia barzelletta del compianto Fiorenzo Fiorentini su un romano che a Londra entra in un caffè italiano, chiacchiera con il barista in italiano e all’improvviso esclama in romanesco: “Ma perché stamo a parla’ inglese?”.