“Tutte le notti sono una” di Massimo Natale, Ennio Speranza e Mary Griffo. Regia di Fabio di Gesto. Con Patrizia Casagrande, Jacqueline Ferry, Valeria Zazzaretta. Al teatro di Villa Lazzaroni di Roma
Non uccidete le imperatrici
A volte le attrici (e gli attori) sono come le infermiere, tengono in vita un testo che non arriverebbe alla fine della rappresentazione. In molti casi lo fanno per semplice desiderio di stare in scena, in altri perché lo spettacolo spira però anche espira un messaggio di impegno civile. Patrizia Casagrande, Jacqueline Ferry e Valeria Zazzaretta sono le tre crocerossine di un dramma tutto racconto e niente azione scritto da tre autori, Massimo Natale, Ennio Speranza e Mary Griffo, andato in scena per tre giorni al teatro romano di Villa Lazzaroni e composto di tre monologhi intrecciati in modo da dare un po’ di movimento alla rappresentazione. Dopo tre minuti diventa chiaro che si finirà nel femminicidio. La ricorrenza del numero tre è tutto sommato pertinente: la terza carta degli arcani maggiori dei tarocchi raffigura l’Imperatrice. Le protagoniste rappresentano le trentotto imperatrici ammazzate nel nostro paese in quarantaquattro settimane dall’inizio del 2023 al primo novembre.
Bisogna dire che nulla si tenta per nascondere il cruento epilogo di Tutte le notti sono una perché si racconta di Sara, (quarant’anni), Romina (cinquanta) e Rebecca (trenta) innamorate e vittime dei loro uomini. L’ovvietà antiteatrale del compimento d’ogni cosa è parzialmente giustificata dal trasporto morale che governa l’operazione allestita con la regia di Fabio Di Gesto. Il guaio è che il teatro è metafora e non cronaca, ossia osserva quanto combinano gli uomini non per stilare delle relazioni più o meno liricizzate ma per cavarne grandi sintesi, specimen antropologici, critica di costume, soprattutto principi e fondamenti dell’agire umano. Altrimenti Amleto che ammazza Ofelia sarebbe soltanto uno di quei babbuini assassini di cui si legge quasi una volta a settimana sui giornali.