“Maddy – Evitare la paura davanti la Fine” di Giulia Fiume anche interprete assieme a Sandro Stefanini, Diamara Ferrero e Alessio Del Mastro. Regia di Federico Le Pera. Allo Spazio di Roma
Il comico del tragico
Uno dei personaggi, Lorenzo, è affetto dalla sindrome di Tourette, malattia neuropsichiatrica caratterizzata dall’emissione di rumori incontrollati, suoni involontari e reiterati tic del volto e degli arti. Come il protagonista di un divertente film spagnolo del 2017, Toc toc, di Vicente Villanueva, il povero tourettico è una macchietta che oltre a smorfie improvvise e gesti assurdi, ogni tanto urla di colpo parolacce e offese all’interlocutore del momento. La commedia di Giulia Fiume diretta da Federico Le Pera allo Spazio di Roma, Maddy-Evitare la paura davanti la Fine, incomincia quasi come una farsa priva d’ogni pelosa pruderie politicamente corretta e prende in giro tutti quelli che gli capitano a tiro: l’omosessuale stilista di moda dice di sé di essere un frocio e sfodera un campionario di maniere, birignao ed effeminatezze senza curarsi del bon ton lessicale e dell’etichetta neobigotta; lo psicopatico Lorenzo non è un diversamente abile ma un disturbato con problemi seri e grotteschi. Anita la manager, sorella di Gianni il gay, è un’arrivista insopportabile avida e tronfia, comprensibilmente mollata dal marito che le ha preferito la segretaria ventenne da sbattere sulla fotocopiatrice. Quindi costui è solo un maschietto da riproduzione, non un amante, ma si tratta di una supposizione perché in scena il personaggio non c’è. Il teatro comico è fatto per il pernacchio ai potenti e la pernacchia a tutti gli altri, soprattutto i boriosi.
La commedia si annuncia quindi farsesca e irriverente, scostumata e divertente. La Maddy (Maddalena) del titolo è una ragazza che ha perso la memoria, forse aspirante suicida, che viene ospitata per commiserazione dallo stilista. La smemoratezza è una buona generatrice di comicità e ci si dispone all’inizio ad assistere a quiproquo, malintesi, scambi di persona, magari qualche agnizione come raramente se ne vede una nelle commedie d’oggi. Invece l’autrice inclina lentamente il piano dal lato della tragedia ma di questo non si può parlare trattandosi di commedia nuova. Ci sono delle avvisaglie qua e là: Gianni aspetta i risultati di una biopsia, la televisione annuncia l’imminenza di una guerra, l’arrivo di Lorenzo incomincia a squilibrare questo interno di squilibrati che però hanno un loro modo sbilenco di stare in piedi.
Un’operazione drammaturgica difficile è passare dalla commedia alla tragedia: i problemi da risolvere sono di far nascere personaggi di natura comica per poi, all’opposto, ucciderli in una condizione eroica e di nascondere allo spettatore il tradimento sotto la sorpresa. Percorso complicato anche per la regia che deve graduare con attenzione i progressivi cambiamenti di ritmo imposti dalla scelta drammaturgica salvo poi accelerare d’improvviso e trasferire di colpo tutti, attori e spettatori, nel campo del tragico. Le Pera sfrutta appieno la caratteristica del teatro Lo Spazio d’aver due palcoscenici, uno frontale e il secondo laterale. In questo modo costruisce dei luoghi deputati – il salotto, la sartoria, la toilette – che gli consentono di giocare con le entrate e le uscite, rallentare e accelerare, distribuire meglio il dialogo negli spazi, lavorare fra alto e basso, fra il ridicolo che uccide e il tragico che annienta. Solo in prossimità dell’epilogo funesto, la regia cede sui tempi e rischia. La tragedia d’una commedia è un lavoro da sbrigare in fretta, il tradimento è lungo e la sorpresa breve, una zingarata sull’Aurelia con una decappottabile è un film, la macchina nella scarpata una scena.
Molti applausi agli attori, i quali se li meritano. Bravi, veloci e precisi in battuta, non mollano mai il personaggio: sono Sandro Stefanini (Gianni), Diamara Ferrero (Maddy), l’autrice Giulia Fiume (Anita) e Alessio Del Mastro (Lorenzo).