“Giulietta”, adattamento teatrale di Vitaliano Trevisan di “Giulietta degli spiriti” di Federico Fellini. Con Roberta Caronia diretta da Valter Malosti. Alla Sala Umberto di Roma
Le ragioni nascoste di una vita
Sarà forse conseguenza di questi tempi di guerra e pandemia che scuotono gli esseri umani, ma i palcoscenici di prosa, in questo caso la Sala Umberto di Roma offrono da qualche mese cose molto interessanti. Il teatro è sempre in crisi, lo sa, quindi non lo è mai; anche la società è sempre in crisi ma in genere non lo sa, quindi lo è sempre. Ora, siccome il teatro è contemporaneo anche quando si mette in scena una tragedia greca, altrimenti non interessa nessuno, perché Valter Malosti ha pensato di riprendere oggi l’adattamento teatrale che Vitaliano Trevisan ha scritto dal trattamento cinematografico del film di Federico Fellini Giulietta degli spiriti?
Malosti aveva messo in scena il testo, intitolato semplicemente Giulietta, quasi vent’anni fa, nel 2004, dirigendo all’epoca Michela Cescon. Stavolta ha chiamato Roberta Caronia, un talento emozionante. Con una specie di enorme vestito bianco, una sorta di tenda o di vela inchiodata a terra da grandi pali, il regista ha bloccato l’attrice al centro della scena come una Winnie beckettiana di Giorni felici. Posizione particolarmente incomoda e costrittiva, la metà superiore del corpo che fuoriesce dall’abito, ma Caronia sviluppa comunque un gioco d’attrice così raffinato, preciso, comunicativo, da appagare lo spettatore. Possiede una voce chiara e ricca di modulazioni. Certi suoi movimenti, la simulazione di una corsa, sono da mimo, mentre le braccia aperte come ali paiono d’una attrice classicheggiante e i gesti delle mani sembrano ricercate figure a mezz’aria. Eppure in questa interprete così tecnica, nulla è scontato e svenevole, non ricercatezze inutili e compiacimento, tutto quello che fa è necessario, a misura del personaggio che ha costruito assieme al regista.
Ora, questa prova superba d’attrice solista non risponde alla domanda sulle ragioni d’avere rimesso in scena oggi l’adattamento di Trevisan, scomparso da poco, il 7 gennaio di quest’anno ad appena sessantadue anni. Potrebbe trattarsi d’un omaggio a uno scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, regista teatrale che merita di essere rimpianto e ricordato. Allora che si vorrebbe di più da una regia e da un’interpretazione di tale qualità? Che giustifichi la propria ragion d’essere?
C’è qui una sensibilità per la condizione umana, si sente una delicatezza, quasi una pietas, per l’avventura della vita che valgono in ogni tempo. Giulietta banalmente insegue l’amore, ancor più prevedibilmente viene tradita. È una donna dell’alta borghesia, non ha l’anima piegata da sofferenze, impedimenti, fatica, povertà, emarginazione. Agiata, fortunata, non ha nulla di speciale da raccontare. È circondata di gente qualunque, la madre si interessa solo del proprio aspetto fisico, le sorelle sono degli esserini superficiali, il marito è insignificante e distante. Giulietta partecipa a delle sedute spiritiche, situazione che Fellini, molto amico del sensitivo torinese Gustavo Rol, conosceva bene. Poi fa seguire il marito da investigatori che le portano le prove del tradimento. Una vicina ambigua tenta di avviarla a pratiche sessuali morbose. Tutto molto scontato. In apparenza. L’acquitrino delle giornate facili e della vita dolce è pieno di sassi invisibili.
La pellicola di Fellini, uscita nel ’65, vinse vari premi, il Golden globe al miglior film straniero, il David di Donatello alla migliore attrice protagonista, Giulietta Masina. Ma la critica non apprezzò: “delirio ornamentale”, “dissipazione floreale”, “banalità e mediocrità sconfortanti” “poetica dotata di cortissimo respiro”. I critici di quegli anni, sovente in confusione sul rapporto fra politico e poetico, avrebbero potuto scrivere più o meno le stesse cose di questo spettacolo teatrale. Invece il suo segreto sta proprio nell’estrarre dalla borghesia, mostro violento ed educato, le ragioni nascoste di una vita. L’attrice di talento si è alleata con un bravissimo regista e insieme hanno fregato i critici.