“Uomini da marciapiede”, testo e regia di Pino Ammendola anche in scena assieme a Pietro Bontempo e Giorgio Gobbi. Al teatro Lo Spazio di Roma

Uomini da marciapiede

Molte parole per non fare nulla

Uomini da marciapiede è una commedia di Pino Ammendola in scena al teatro Lo Spazio il cui titolo fa il verso al famoso film del ’69 di John Schlesinger, interpreti Dustin Hoffman e Jon Voight Un uomo da marciapiede. E in un certo qual modo segue la stessa tendenza di andare sempre più giù verso la tragedia.
Accanto a un guard-rail d’una strada di periferia metropolitana, tre uomini si prostituiscono. Non giovani, non belli, spiegazzati e danneggiati dalla vita, ai margini persino del margine visto che non un cliente passa, nessuno li vuole. Pino Ammendola, oltreché autore e regista, è anche interprete e fa “una” napoletana verace; a Pietro Bontempo il ruolo del maschio, della “macha” romanaccia e borchiata; Giorgio Gobbi è il travestito dolce e materno.
Ora che l’autore e regista ha stabilito la situazione, ci si aspetta dopo un po’ di dialogo utile a definire i rispettivi caratteri che davanti al guard-rail succeda qualcosa. Prima o poi. Almeno poi. Mai. A parte il finale, lo spettacolo non ha azione, è tutto raccontato, tutto detto.  I tre si prendono in giro, si punzecchiano, si insultano a vicenda, si arrabbiano l’uno con l’altro, ogni tanto uno se ne va perché si sente piccato, o per qualche altro motivo, poi torna, poi va via un altro, tanto torna. Gli accadimenti più rimarchevoli sono le entrate e le uscite di scena. La conversazione fra i tre personaggi informa piano piano delle loro vite – la madre del romano, la moglie del napoletano e il figlio che non lo vuole vedere – ma i fatti si svolgono sempre fuori scena. È una maniera di fare la commedia basata sulla battuta più che sull’intreccio e il suo sviluppo, ma qui è portata talmente all’estremo che in Inghilterra la chiamerebbero sit-down comedy.
Eppure Pino Ammendola e i suoi due compagni di scena di senso del teatro ne hanno da vendere, si vede da quanto dinamismo interpretativo riescono a cavare da un testo quasi completamente fermo. Hanno l’aria di essersi innamorati della conversazione e di avere dimenticato l’azione. Càpita. Càpita anche ai migliori.

Marcantonio Lucidi,
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