“Gatta morta” di Valter Lupo, Francesca Reggiani, Gianluca Giugliarelli. Con Francesca Reggiani. Al teatro Olimpico di Roma

Francesca Reggiani

Politicamente scorretto, per fortuna

Naturalmente Francesca Reggiani incomincia subito con virologi, infettivologi ed epidemiologi. La loro presenza maniacale in televisione è diventata talmente macchiettistica, e farsesche le litigate pubbliche nelle quali sbracano, che una show-woman mordace come lei non poteva lasciarsi sfuggire simili ghiotte prede da dare in pasto allo sghignazzo generale in sala al teatro Olimpico di Roma. La maschera televisiva dello scienziato star per lo starnazzo-show generata dalla pandemia è il nuovo zimbello nazionale e merita di esserlo, rappresenta un fenomeno squisitamente italiano di ridicolaggine, prosopopea e narcisismo. Però siccome la squallor tv che li ha resi pip (poor important person) aborre l’intelligenza e l’esercizio del dubbio, questi cervelli apodittici si rivelano piuttosto scialbi e ripetitivi. Non è che a spremerli più di tanto se ne cavi molta comicità e la Reggiani, che di orecchio teatrale ne ha parecchio, li molla presto. Manda sullo schermo una sua imitazione registrata di Ilaria Capua e passa ad altri.
Lo spettacolo s’intitola Gatta morta, scritto da Valter Lupo e Gianluca Giugliarelli assieme all’attrice, e si occupa di cose varie e bizzarre che accadono nella Repubblica di CovidItalia. Covi pieni di “quelliché”: quelli che praticano la specialità dell’abusivismo edilizio e trasformano la cuccia del cane in una villetta; quelli che chiedevano Fido in prestito per potere uscire durante la reclusione; quelli che si drogano di programmi culinari per l’alimentazione della nostra civiltà intestinale; quelli che stanno perennemente in rete sui siti porno e i sadomasochisti appassionati delle botte e dei tacchi a spillo sulla pancia. Di sicuro in sala c’è qualche gaudente estimatore della cera bollente e del gatto a nove code sulla propria schiena e si sganascia assieme agli altri spettatori a sentirsi prendere in giro della Reggiani. Il bello di questi spettacoli di cabaret è di poter ridere, oltreché di se stessi, dello sfottuto che ride d’essere sfottuto.
Poi si passa ai guai di Roma, immarcescibili tesori di monnezza d’ogni comico. I peggiori sono, oltre al pattume, le buche, gli incendi degli autobus Atac e i cinghiali che per anni hanno inseguito la Raggi. La comica non infierisce su Virginia, in politica il morto che cammina fa un po’ pena. Meglio Gualtieri: “Sprizza felicità. Non gli hanno spiegato che deve fare il sindaco di Roma”.  Reggiani ha preparato alcuni video da inframmezzare fra un monologo e l’altro, c’è la presentatrice di Non l’hai visto? e una parodia del videopsichiatra Vittorino Andreoli. Ma il pezzo più esilarante è il duello su grande schermo fra due magnifiche imitazioni create dalla Reggiani, Concita De Gregorio e Giorgia Meloni. L’attrice le trasforma in caricature della telefarsa politica nazionale. Alla fine la spocchia intellettualoide della maschera di sinistra finisce per essere più insopportabile degli scostumati ahòòò della destra borgatara. Lo spiffero della boria è più antipatico del vento della bora.
Dopo la tivù dello squallore, Reggiani va per un altro suo argomento forte: la coppia, l’uomo e la donna, il maschio e la femmina. Le pari opportunità assai più pari per lui che per lei. E la show-woman squaderna il suo umorismo più cinico: “Alla donna che vale, intelligente e che si vuole confrontare, l’uomo preferisce la gatta morta”. Da qui il titolo e il resto dello spettacolo: certe miagolanti micione dell’Europa orientale che rincretinisco i pensionati ottantenni, quando si sono finalmente piazzate fanno sentire all’italico maschio tutta la ferocia delle feline slave. Al maschio va detto: sempre meglio una sincera battona che una gatta morta, tanto a lui le signore non interessano. Gran divertimento il politicamente scorretto. Lo sberleffo, la satira, il calcione nel sedere.

Marcantonio Lucidi,
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