“Il diario di Anne Frank”, di Frances Goodrich e Albert Hackett, regia di Carlo Emilio Lerici, con Antonio Salines e Raffaella Alterio. Al teatro Belli di Roma
La memoria contro l’indicibile
Quando si mette in scena Il diario di Anne Frank non si sbaglia mai e quale che sia il risultato, è sempre un atto di buona volontà. Il regista Carlo Emilio Lerici ha allestito al Belli di Roma l’adattamento teatrale scritto nel 1956 da Frances Goodrich e Albert Hackett.
Non ha importanza se il gruppo di dieci attori è squilibrato e se, a parte Raffaella Alterio nel ruolo del titolo e Antonio Salines nel ruolo del padre Otto Frank, gli altri componenti la compagnia non sembrano reggere il peso dei personaggi loro affidati. Questa è la Shoah, è l’Olocausto, l’indicibile secondo la definizione di Primo Levi, la tragedia assoluta di un popolo e di Anna Frank, dei suoi genitori, di sua sorella, dei coniugi Van Daan e del loro figlio, del dentista Dussel, chiusi in un alloggio clandestino ad Amsterdam per sfuggire alle persecuzioni dei maiali nazisti. Entrano nel nascondiglio il 6 luglio 1942 e ne escono il 4 agosto del’44 quando vengono scoperti, arrestati, deportati nei campi di concentramento. Degli otto clandestini, solo il padre Otto si salverà tornando da Auschwitz.
Il valore di un allestimento del Diario non è da ricercare nella formalizzazione scenica ma nell’atto di testimonianza, nella riaffermazione della verità storica, nella fermezza della memoria contro ogni tentativo di sminuire, sottovalutare, alterare, cancellare, negare. Soprattutto in questi giorni italiani in cui il nuovo maialismo nazi, incoraggiato dalla criminale ed escrementizia ambiguità fascistoide di vari politici, osa infangare i muri e le porte con scritte antisemite, svastiche e insulti contro gli ebrei.
Bene hanno fatto al Belli ad allestire il testo, che da parecchi anni non veniva messo in scena. E non giudizi vanno espressi ma ringraziamenti e un piccolo omaggio a chi stava in quel nascondiglio, ricordandone i veri nomi (nel Diario furono cambiati quelli dei non appartenenti alla famiglia Frank): Anne Frank, nata a Francoforte il 12 giugno 1929, morta di tifo a Bergen – Belsen fra la fine di febbraio e i primi di marzo del 1945; Margot Frank, nata a Francoforte il 16 febbraio 1926, morta di tifo a Bergen – Belsen qualche giorno prima della sorella Anne; Otto Frank, nato a Francoforte il 12 maggio 1889, scampato ad Auschwitz, morto il 19 agosto 1980 à Birsfelden in Svizzera; Edith Holländer-Frank, nata il 16 gennaio 1900 a Aix-la-Chapelle, morta di fame il 6 gennaio 1945 ad Auschwitz; Peter van Pels, nato a Osnabrück l’8 novembre 1926, morto in circostanze non chiarite a Mauthausen fra l’11 aprile e il 5 maggio 1945; Hermann van Pels, nato il 31 marzo 1898 a Gehrde vicino Osnabrück, morto nell’ottobre del ’44 ad Auschwitz nella camera a gas; Augusta van Pels, nata il 29 settembre 1900 a Buer presso Osnabrück e morta verosimilmente il 9 aprile 1945 durante il trasferimento da Raguhn, sottocampo di Buchenwald, al campo di concentramento di Theresienstadt o al suo arrivo; Friedrich “Fritz” Pfeffer, nato il 30 aprile 1889 à Giessen e morto il 20 dicembre 1944 nell’infermeria del campo di concentramento di Neuengamme.
In scena oltre ai citati Antonio Salines e Raffaella Alterio, lavorano, in ordine di apparizione, Eleonora Tosto, Francesca Bianco, Veronica Benassi, Vinicio Argirò, Tonino Tosto, Susy Sergiacomo, Fabrizio Bordignon e Roberto Baldassari. Bella e funzionale la scena a due piani e quattro ambienti di Vito Giuseppe Zito, impeccabili i costumi di Annalisa Di Piero.