“Un attimo prima. Francesca Morvillo”, testo e regia di Maria Inversi, con Aglaia Mora e Giovanni Carta. Al teatro Ciak di Roma
Nel teatro pasticceria,
la regia passa dalla parte della torta
Quanta fatica per poco: arrivare al teatro Ciak di Roma sulla Cassia è facile e veloce solo per chi abita sulla Cassia; parcheggiare è come pretendere di entrare mentre piove in una stazione della metropolitana romana senza la tuta da palombaro; scrivere uno spettacolo su Francesca Morvillo, la moglie di Giovanni Falcone morta con lui nella strage di Capaci necessita chiaramente di uno sforzo notevole nella raccolta di documentazione, nelle interviste, nelle varie ricerche.
L’altra sera, alla decima replica, quindi a spettacolo ben rodato, orario previsto per l’inizio le canoniche nove di sera, hanno “fatto sala” (come si dice in gergo) alle 9 e 25, sicché gli spettatori sono stati trasformati in passeggiatori fra il bar e un corridoio. Ora, questa abitudine molto romana di incominciare in ritardo ha delle sue ragioni e rappresenta in verità una sottile forma di buona educazione. Nella Capitale d’Italia, tutto è complicato, difficile arrivare, la città è piena di buche e crateri, di sera manca la luce, se piove si ha da prendere un battello (che non passa mai), se non piove gli autobus s’incendiano, bisogna scalare montagne di rifiuti rischiando di cadere negli agguati delle bande di topi come americani nella giungla del Vietnam, ogni tanto proprio sulla Cassia passeggiano famiglie di cinghiali. Insomma, quando s’esce di casa è più facile finire al pronto soccorso che a teatro. Quindi bisogna ringraziare della pazienza il Ciak che, senza dare inutili spiegazioni, ha consentito di rifugiarsi per mezz’ora in piedi (fa bene alla salute) nel suo corridoio. Infine è incominciato lo spettacolo. Titolo. Un attimo prima. Francesca Morvillo. Testo Maria Inversi, allestimento Maria Inversi, regia Maria Inversi. Questo è chiaramente uno dei quei casi, non rari, in cui è bene che l’autore eviti di dirigere e persino di scrivere.
Si tratta di circa due ore d’una specie di biografia di Francesca Morvillo costruita come una torta farcita a strati: prima un monologo dell’attrice che fa la Morvillo, poi un dialogo con l’interprete di un giornalista, poi un monologo del giornalista, poi ancora un monologo della protagonista, qua e là biscotti pan di stelle di interventi brevi d’una “fanciulla piumata”, questo il nome del personaggio. In mezzo panna di retorica, creme poetiche, letteratura di glassa al cioccolato e tante, tante ripetizioni come frutti di bosco e canditi. Pasticceria più che drammaturgia. In scena tutto poco illuminato perché è più suggestivo, fa atmosfera e si sa, la torta deve arrivare al buio, poi luce improvvisa, applausi e congratulazioni. Solo che la luce non s’accende mai, fulminata da predicozzi di etica e di morale, da lezioncine di filosofia del diritto e da cicchetti deontologici. Tutto detto, tutto raccontato, mai un’azione. E dire che di movimento nella vita di Francesca Morvillo e Giovanni Falcone ce n’è stato abbastanza. L’idea, che non era campata in aria, di vedere le cose con gli occhi di lei, la moglie, bravissimo magistrato ma messa in ombra dalla figura oggettivamente enorme di lui, si trasforma in una sorta di flusso di coscienza quaresimale, che poi è un maritozzo tipicamente romano impastato con olio e condito con pinoli, zibibbo e miele. In cotanto rotolo di intimismo, non una parola sulle responsabilità dello Stato italiano e sulla sua maledetta abitudine di delegittimare, abbandonare, uccidere i suoi migliori servitori. Però è anche vero che ognuno si occupa di ciò che preferisce.
Aglaia Mora interpreta Francesca Morvillo mentre a Giovanni Carta è affidato il ruolo del giornalista. Quello che dalla Inversi viene loro chiesto di fare, lo fanno bene. Ma lavorano all’interno di una regia pensata come una gabbia e che sembra dispiaciuta del fatto che a teatro gli attori sono necessari. Forse si nota in loro un’ombra di rassegnazione ma si tratta quasi certamente d’un errore dello spettatore, portato ad attribuire anche ad altri il sentimento che lo pervade per due ore. Quanto alla fanciulla piumata (Maria Caterina Rossi), si tratta di una creatura mitica e favolistica dai significati complessi dei quali lo spettacolo non dà contezza. S’avvicina il Natale, ci si accontenti del tacchino spennato.