“Bella figura” di Yasmina Reza, regia di Roberto Andò, con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Lucia Mascino, David Sebasti e Simona Marchini. All’Ambra Jovinelli di Roma
La gloria ai tempi del mediocrismo
Franco Cordelli sostiene che Yasmina Reza è una scrittrice mediocre che gode di un incomprensibile prestigio intellettuale. Ha pienamente ragione.
La commedia della Reza, Bella figura, in scena all’Ambra Jovinellli di Roma, racconta di una farmacista che si chiama Andrea ed è l’amante di Boris, piccolo imprenditore sposato. Lui le propone di andare a mangiare in un ristorante consigliatogli dalla moglie e lei si offende. Insomma, corna e pinzillacchere. A un certo momento i due incontrano per caso una seconda coppia, Eric e Françoise, accompagnata dalla madre di lui, la signora Yvonne. E guarda com’è piccolo il mondo, Françoise è una cara amica della consorte di Boris. Insomma, vanno tutti insieme al ristorante dove, nelle more d’un po’ di azione teatrale che s’ha da dare alla situazione, c’è una fondamentale scena di Boris e Andrea: intenti all’amplesso sulla tazza del cesso. Quale raffinatezza, quale doppio settenario in rima si deve trovare per il tentativo di evocare la poetica delicatezza del testo e dei personaggi, la sintesi impeccabile della condizione umana.
Si rintracciano almeno tre ragioni che spiegano i riconoscimenti immeritati ricevuti da questa autrice francese. La prima è di ordine drammaturgico: Reza racconta storielle di gente qualunque con la scusa artisticamente furbetta che a scrivere di piccole cose, piccoli esseri, piccole menti, si svelano grandi verità sugli uomini. La scrittrice pratica il filone oggi tanto in voga del mediocrismo: tutto è mediocre, i personaggi, la trama, l’azione, il dialogo. Però io, autrice, sto parlando proprio di te, spettatore, ipocrita spettatore, ti descrivo come sei, quindi ti faccio da specchio e tu devi aderire a ciò che ti mostro e riconoscerti senza pensare che ti sto insultando e che gli uomini sono spesso migliori e più complessi dei miei personaggi.
La seconda ragione è stilistica e riguarda l’uso del sottinteso. I personaggi non parlano chiaramente, non dicono le cose come stanno, ma danno a intendere, alludono, insinuano, sottacciono. Sottinteso come sotterfugio: permette di mascherare il fatto che l’autrice non ha nulla da dire o da far dire ai protagonisti; consente di suggerire che invece in mezzo ai non detti, mia cara signora, quante cose dette invero ci sono. Le mezze stagioni non esistono più, soddisfiamoci con le mezze parole, i mezzi intendimenti, i mezzi, i mezzucci. Non ci si deve fermare al dialogo ma scendere al sottodialogo, al sottoscala, ancor più giù, sotto la cantina, dove nel buio della comprensione l’autrice può sostenere che è il pubblico in difficoltà a capire e vedere i lampi dei sottintesi e non lei ad avere la luce spenta. Non osi quindi lo spettatore affermare che la commedia è poco chiara, ci farebbe, in opposizione al titolo, brutta figura.
Il terzo punto è politico: la Francia, diventata ormai da vari decenni una media potenza mondiale con tendenza al rimpicciolimento, vuole mantenere un’egemonia culturale nel mondo. Non ha una grande importanza se l’esportazione di opere cinematografiche, letterarie, teatrali eccetera sia di qualità, fondamentale è che venga percepita come tale. Quindi nel mucchio c’è di tutto, basta che sia commerciale e che vinca premi con l’ausilio di un po’ di soldi per la promozione. La Francia è un gigantesco Auchan del culturume che espone il genio di Marcel Proust, vince il Nobel nel 2014 con un inoffensivo stila-racconti come Patrick Modiano e vende Reza.
Bravi gli attori, gente che sa stare in scena e meriterebbe di mostrare il proprio talento con delle commedie di livello pari alle loro capacità interpretative: Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Lucia Mascino, David Sebasti e Simona Marchini. Regia di Roberto Andò che dovrebbe controllare se la scenografia di Gianni Carluccio non impedisce di vedere quanto succede in scena, e soprattutto non limita il piacere di guardare la prova degli attori, unico aspetto interessante di tutta l’operazione, agli spettatori delle poltrone laterali, i quali meritano anche loro di godersi la versione francese del mediocrismo.