Davide Enia autore e interprete di “L’abisso” al teatro India di Roma
Una tragedia semplice
Come si fa un monologo? Come lo fa Davide Enia in scena all’India di Roma con il suo testo L’abisso, tratto dal suo romanzo Appunti per un naufragio. Chi si fosse stufato dei soliloqui uscirà riconciliato da questo spettacolo e penserà dopo un’ora e venti che soltanto una quarantina di minuti sono passati.
Enia in scena è perfetto, è gesto, è cunto, è canto di pescatori siciliani. Non alza mai la voce se non un paio di volte strettamente necessarie. Ha delle oscillazioni di ritmo, un ritmo di mare, delle variazioni dal tragico al comico, variazioni atmosferiche, che da sole sono azione. Il testo – su Lampedusa, gli abitanti, i migranti, i morti nel Mediterraneo, i sommozzatori che recuperano cadaveri e salvano bambini – è scritto benissimo, teatrale, essenziale, mosso come le onde del cimitero marino di cui parla. Lo spettacolo emoziona non solo per ciò che dice ma per come Enia lo dice. Con semplicità – qualsiasi arzigogolo recitativo sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti della tragedia – con una misura di tecnica mai maggiore di quanto necessita agli aspetti spettacolari della messa in scena. Vive la prova di Enia d’una poesia e d’una misericordia che sovrastano persino gli orrori raccontati, come se l’umanità riscattasse la disumanità e coprisse il sangue d’un pietoso sudario. Finché c’è qualcuno che si alza a raccontare delle donne che attraversano il mare ingravidate dagli stupri e dei migranti uccisi prima dell’imbarco per svuotarli degli organi da destinare al mercato nero dei trapianti; finché qualcuno racconta senza enfasi, senza retorica, senza strumentalizzare ai fini della propria prova d’artista; finché qualcuno racconta in scena ciò che gli uomini fanno agli uomini, il bene dei sommozzatori e dei lampedusani, il male degli assassini e delle belve antropomorfe, ci sarà nel mondo un equilibrio, fragile, e un teatro, potente.
Assieme a Davide Enia un bravo chitarrista, Giulio Barocchieri, che esegue le musiche da lui stesso composte. Seppur troppo spesso usato nei monologhi, l’accompagnamento musicale dal vivo stavolta è soluzione non banale perché non ha funzione di artificio per muovere lo spettacolo e riempire dei vuoti, ma ha valore poetico. Non si deve aggiungere altro, L’abisso va solo guardato e magari a certi politici affetti da disturbo narcisistico di personalità, uno psicoterapeuta dovrebbe consigliare di vederlo almeno due volte.