“Boomerang” scritto e diretto da Angelo Longoni. Alla Sala Umberto di Roma con Giorgio Borghetti, Simone Colombari, Eleonora Ivone e Amanda Sandrelli
Una risata vi taglierà la testa
Il rapporto annuale 2017 dell’Istat sulla situazione dell’Italia conferma ciò che già si sa: è sparito – o quasi – il ceto medio e viviamo in una società dove le diseguaglianze si fanno sempre più forti ed evidenti. “È mancata l’evoluzione da ceto medio a grande borghesia – ha spiegato il sociologo Giuseppe De Rita – Una piccola parte di grande borghesia, in realtà, il Paese l’ha conosciuta, ma si è fatta subito casta”.
Il tema della nuova commedia scritta e diretta alla Sala Umberto di Roma da Angelo Longoni, Boomerang, è la degenerazione dell’alta borghesia in casta. Corrotta, avida, ricattatrice, prevaricatrice, antiumana, questa classe sociale di privilegiati senza onore che sta causando, non solo in Italia, l’involuzione della civiltà, è descritta dall’autore e regista attraverso un’indagine all’interno del suo nucleo fondamentale, la famiglia. Ed è un ottimo punto di vista, perché la casta è come Satana: si nasconde, fa credere di non esistere mentre lambicca pestilenze e infezioni negli antri dei think tank neoliberisti. Oppure si mimetizza e assume le sembianze più diverse, si maschera da politico illuminato difensore del bene comune, da cattolico misericordioso e altruista, da sindacalista protettore dei lavoratori, da industriale umanitario, da virtuoso intellettuale di sinistra, da professionista competente. Ma è probabilmente all’interno della famiglia che il grande borghese antropologicamente guasto mostra con maggior impudicizia la sua zampa caprina e si abbandona a miserabili sabba, si rotola nella sua sporcizia morale e trae il massimo della forza per il perseguimento dei propri interessi, sempre forieri di disgrazia altrui. L’inferno degli innocenti è la famiglia dei delinquenti. “La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro”, scrivevano Marx ed Engels nel Manifesto del partito comunista. Il diavolo però si è travestito anche da comunista per poi distruggere ogni ideale e dominare con il suo pensiero unico, con l’ideologia neoliberista, plutocratica, violenta e antropofaga.
Su rapporti di denaro si fonda il nucleo di parenti immaginato da Longoni: nella casa di campagna in cui giace il padre morto da poche ore, si ritrovano i due figli, la moglie di uno di loro e l’ultima consorte del defunto. Bisogna organizzare il funerale ma una forte nevicata blocca i protagonisti e li costringe a passare la notte insieme. Non sarebbe gentile rivelare cosa succede in questa commedia con vari colpi di scena: il passato comunque ritorna, come un boomerang appunto, ed è fatto di nefandezze, di compromessi, di complicità vergognose con politici e prelati. Una commedia comica e amara in cui la famiglia si rivela una grottesca centrale di potere votata ai soldi e al crimine affaristico. Il presupposto della drammaturgia sta nell’osservazione che il mondo soggiace al controllo di poche schiatte di potenti dai comportamenti di cricche, quotidianamente rivelati dalle cronache internazionali e italiane. Ma Longoni offre quello sguardo ravvicinato che rende i fenomeni e le situazioni grotteschi ed è su questo che si gioca la comicità della commedia: colti in una giornata particolare, i protagonisti si agitano come formiche pazze quando nella tana scoppia un petardo. L’effetto è ridicolo e tragico al contempo.
Di questo spettacolo, l’unico peccato è dato dalle luci che male illuminano la scena e non servono adeguatamente gli interpreti. Giorgio Borghetti, Simone Colombari, Eleonora Ivone e Amanda Sandrelli formano un quartetto ben diretto dalla mano naturalistica di Longoni che non li priva di un’impronta di sarcasmo critico nei confronti dei personaggi. E i quattro attori sanno che la risata è una ghigliottina.