“Washington Square – storie americane” dal romanzo di Henry James, regia di Giancarlo Sepe. Al teatro La Comunità di Roma
New York, provincia americana
Se una simile trasposizione teatrale di Washington Square, il romanzo di Henry James, fosse stata realizzata da un altro regista, si sarebbe certamente parlato di uno spettacolo eccellente, come in effetti s’è sentito dire dal pubblico all’uscita del teatro La Comunità di Roma. Ma Giancarlo Sepe è un regista ancor più bravo di quanto l’allestimento comprovi, più profondo dell’impeccabile estetica che qui dispiega, decisamente densa, sofisticata seppure, come dire, autosufficiente. Un bello che si manifesta come pago di se stesso, come sola chiave d’interpretazione di Washington Square.
Sepe tralascia di evidenziare dello scrittore americano l’acume psicologico e la potente capacità di costruire i personaggi. Si concentra piuttosto su un ricercato, prezioso, imaginifico teatrale suggerito dallo stile raffinatissimo della scrittura di James. È una tentazione alla quale il regista non intende resistere, una trappola in cui cade con volontà e voluttà. Un magnifico esercizio di messa in scena che cerca e trova un’armonia compositiva, una sorta di fusione perfetta fra il movimento coreografico degli attori, le scene e i costumi di Carlo De Marino, le musiche di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team, le sonorità della lingua inglese, scelta non solo per dire un testo ma soprattutto per evocare foneticamente un mondo.
Catherine Sloper, figlia goffa, incolore, poco avvenente del ricco medico newyorchese Austin, si innamora di Morris, bel ragazzo spiantato pronto a sposarla. Il padre si oppone, convinto che il giovane miri al suo patrimonio, non ritenendo possibile che la fanciulla, così insignificante, possa essere amata. L’ostinazione di Catherine apre lo spettacolo al racconto di una società americana attraversata da manifestazioni di suffragette, canzoni, matrimoni, nascite, funerali, apparizioni di familiari defunti e feste danzanti, i balli tanto amati da Sepe che gli permettono di rafforzare uno stile registico basato sul movimento collettivo dei nove attori in scena – fra i quali Pino Tufillaro nel ruolo del dottor Austin Sloper – e di concentrare icasticamente lo spirito del tempo storico in cui ambienta lo spettacolo. James pubblicò Washington Square a puntate nel 1880. In scena campeggia una bandiera degli Stati uniti a 48 stelle, la cosiddetta “Old glory”, che sventolò solo dal 1912 (fino al 1959). È un anacronismo che permette a Sepe di dare allo spettacolo un tono più Belle Époque, più decadente – ed estetico naturalmente – un colore di finis mundi prima che la Grande Guerra inghiotta il tempo di Henry James.