“Susina”, spettacolo per bambini interpretato al Mongiovino di Roma da Stefania Umana

Susina

La scena è una bolla di sogno

Ogni tanto è bene anche per gli adulti andare a vedere spettacoli per bambini. È una specie di ritorno ai fondamentali del gioco teatrale, che sono la trasformazione e l’immedesimazione. Il “facciamo che io ero e tu eri ”, l’ “io sono un altro anche se sono me stesso”, riportano alle tre domande centrali a cui deve rispondere l’artista di teatro: chi parla? A chi parla? Di chi parla?
Nello spettacolo dedicato ai bambini piccolissimi, dai due ai cinque anni, andato in scena al Mongiovino di Roma e intitolato Susina, chi parla è una bambina tutta vestita di viola che va a passeggio, dialoga con gli oggetti e gli animali che incontra strada facendo e scopre il mondo o, per meglio dire, la concatenazione che unisce le cose e i viventi. Susina offre un seme e riceve un uovo di gallina che con una padella, un po’ d’olio e sale, si trasforma in un uovo fritto; porge una mela in cambio di un misero torsolo tutto rosicchiato dal quale però nascerà un albero; le api le doneranno il miele che le permetterà di incontrare un orso buono e triste che vive nel bosco. È il principio dell’inutile che si fa utile, del dare che diventa ricevere, della gratuità che si trasforma in ricompensa. È il dono dato all’umanità di liberarsi della sopravvivenza per raggiungere la vita.
Lo spettacolo ha la struttura del cosiddetto “primo teatro”, formula che vuole la presenza di bambini e genitori non in platea ma sul palcoscenico, a distanza ravvicinata dall’interprete Stefania Umana, anche autrice assieme a Icaro Accettella del libero adattamento d’un testo di Marguerite Fatus.
Capire il successo d’una messinscena per bambini è semplice: se il piccolo pubblico si distrae, si agita e rumoreggia allora non gradisce, ma se alterna grandi momenti di silenzio con improvvise esclamazioni all’indirizzo dell’interprete, spesso per avvertirlo d’un imminente pericolo che il personaggio corre, significa che sta dentro lo spettacolo. Non è semplice partecipazione, è immedesimazione.
In scena Stefania Umana attrice monologante riesce a diventare l’eroina di questi piccolissimi e difficili spettatori senza ricorrere a certe piaggerie che a volte caratterizzano questo complicato genere di intrattenimento. Non adotta il birignao infantiloide dell’adulto che vuole ingraziarsi i fantolini con stucchevoli maniere e trucchi per distrarli dalla noia che egli stesso provoca. Punta tutto sullo spettacolo, costruito sull’interazione dell’attrice con un teatrino d’ombre generato da Silvia Grande mediante una lavagna elettronica e perfezionato dalle luci firmate da Roberto De Leon. Non un pianto, non uno schiamazzo né segni d’insofferenza durante la rappresentazione e anzi, i bambini hanno applaudito e sono rimasti sul palco a girellare curiosi, restii ad abbandonare quella meravigliosa bolla di sogno che è una scena teatrale.

Marcantonio Lucidi,
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