Ispirata a Le serve di Genet, “La cerimonia” di Astra Lanz alla Sala Uno di Roma
Meglio servire il teatro che la padrona
I poveri non sono migliori dei ricchi. Le loro nefandezze sono minori, anche se possono arrivare a uccidere, perché meno ampio il loro campo di azione. Ma se diventassero ricchi domani all’alba, prima di mezzogiorno avrebbero compiuto qualche grossa mascalzonata. Vero che gli indigenti entreranno per primi nel regno dei cieli ma perché avanzano in ginocchio mentre i benestanti, sotto il peso di più gravose colpe, procedono strisciando e arriveranno alle porte del paradiso quando saranno già chiuse. Certo, l’analisi classica è che Les bonnes (Le serve) di Jean Genet parla del rapporto umiliante dominato – dominante, però ci voleva coraggio per affrontare nel 1947, quando il dramma fu scritto e rappresentato, il tema della ferocia che anima i nullatenenti. Erano tempi di glorificazione del proletariato e della classe operaia e difatti la pièce fu contestata.
Al teatro Sala Uno, non s’è vista la messinscena del testo originale ma un libero adattamento, intitolato La cerimonia, di Astra Lanz anche interprete assieme a Marina Biondi. E questo forse è un peccato perché Le serve è un capolavoro del teatro francese di quegli anni. Tuttavia il titolo di questa proposta ha le sue ragioni: da Les Bonnes, Claude Chabrol trasse nel 1995 un film, La cérémonie (uscito in Italia come Il buio nella mente), con Isabelle Huppert e Sandrine Bonnaire talmente brave da vincere la coppa Volpi a Venezia. Il film era tratto da un romanzo del ’77 di Ruth Rendell, “La morte non sa leggere”, il cui spunto nasceva da un famoso fatto di cronaca nera nella Francia anni Trenta, il delitto delle sorelle Papin, dal quale Genet ha preso le mosse per il suo dramma. Inoltre, in una lettera al suo editore, Genet ammetteva di non amare il teatro, “perché anche le più belle opere teatrali occidentali hanno un’atmosfera di cagnara, di pagliacciata, non di cerimonia”. Dell’originale, il testo di Lanz trattiene in primis il rito cerimoniale al quale si abbandonano le due serve quando Madame, la padrona, s’assenta. Claire e Solange, ben lontane da una coscienza politica e dal senso della lotta di classe, agognano ai vestiti, alle scarpe e ai gioielli di Madame e se ne parano pavoneggiandosi, la scimmiottano nel tentativo di essere come lei.
È sulla recita delle due donne che insiste la scrittura di Lanz, attraverso la variante di due attrici fallite e frustrate, finite tristemente al servizio di una loro collega di successo. Quindi la cerimonia diventa anche un rituale teatrale, un modo di definire la condizione interiore, la sofferenza, la follia anche, di chi intende la propria vita non al servizio di una Madame qualunque ma dell’arte della scena. Alle due interpreti va quindi un compito di sottile complessità (non dissimile peraltro da quello che le attenderebbe nel caso della messinscena delle Bonnes): essere contemporaneamente simili e diverse, mosse dagli stessi sentimenti e dalle stesse pulsioni – odio e ammirazione per la padrona, erotismo femminile incattivito dall’insoddisfazione – muovendosi però su caratteri distinti, l’una all’apparenza più riservata, più accorta, ragionevole; l’altra risoluta, aggressiva, passionale. Poi a ulteriore complicazione recitativa i caratteri verranno scambiati, si confonderanno.
Il finale non ha la potenza dell’originale perché non procede dal meccanismo drammaturgico inventato da Genet e lo spettacolo si spegne quasi per consunzione, perché l’autrice sa che è arrivato il momento di chiudere la partita. Astra Sanz e Marina Biondi lavorano bene ma sono superiori ai loro personaggi. Tutto sommato qui si dovrebbero vedere due serve interpretate da delle attrici, invece lo spettacolo racconta la storia di due attrici che fanno le serve. Le attrici, quelle reali e quelle della drammaturgia, sono molto presenti, le serve invece si notano poco. Regia di Carlo Benso, che organizza lo spazio scenico, impone alle interpreti alcuni punti fermi e poi le lascia, almeno all’apparenza, piuttosto libere. Fa bene: i modi della relazione fra le due protagoniste sono assai femminili. Le donne sanno cosa fare quando stanno per conto loro.